sabato 20 aprile 2024

Un 'artistico' scherzetto



 

 

Un ‘artistico’ scherzetto

Patrizia Garelli Rossi

 

Questa volta voglio raccontarvi un aneddoto assai curioso che mi piace definire come “scherzetto artistico”, anche se oggi, quasi certamente, sarebbe qualificato in modo assai meno bonario! Al tempo, tuttavia, per quanto ne so, non mi risulta aver avuto gravi conseguenze, se non, probabilmente, qualche mugugno della parte offesa…

Attorno agli anni 70, a Bologna, conobbi Gino Marzocchi, valente pittore e, in particolare, eccellente ritrattista, presentatomi dal mio ragazzo che, di lì a poco, sarebbe diventato mio marito: fu l’inizio di una bellissima e solida amicizia, destinata a durare fino alla morte dell’artista, avvenuta nel 1981. Ben presto cominciai a posare per lui come modella e fu proprio un giorno in cui mi trovavo nel suo studio, in Strada Maggiore, che Gino prese a raccontarmi, accompagnando il racconto con divertente mimica, il fatto che mi accingo a narrarvi e che vede implicati due grandi artisti bolognesi: Cleto Tomba (Castel San Pietro Terme, 1898- Bologna, 1987) e Nino Bertocchi (Bologna, 1900-Monzuno, 1956). Prima di farlo, però, mi sembra necessario presentarvi, seppur in modo sommario - amo l’arte ma non sono un’esperta! - questi due personaggi, le cui opere hanno goduto di grande fortuna al loro tempo, ottenendo apprezzamenti anche fuori dell’ambito nazionale. Purtroppo, come accaduto per quasi tutti gli artisti emiliano-romagnoli coevi, l’attenzione della critica nei loro confronti è ingiustamente scemata e meno male che il Museo dell’Ottocento e Novecento bolognese, di recente apertura in città (piazza San Michele, 4/c), sotto la direzione della dott. Francesca Sinigaglia, si sta dando egregiamente da fare per riabilitarli con mostre, conferenze e laboratori didattici: vi consiglio caldamente di visitarlo, sarà una bellissima esperienza!

Chi scrive, ha avuto la fortuna di conoscere personalmente Cleto Tomba: avvenne nel corso alcune riunioni conviviali tenutesi, negli anni '70 presso il “Circo delle Arti”, sodalizio di cui facevano parte alcuni dei più importanti esponenti del mondo della cultura e dell’arte bolognese del momento come Alessandro Cervellati, Alberto Menarini, Ferruccio Giacomelli, Gino Marzocchi, Athos Vianelli, Ugo Guidi ed altri ancora, riconoscibili in due litografie a colori nelle quali Gino Marzocchi ha voluto immortalare i soci. Questo Circolo, il cui nome riecheggiava umoristicamente quello del più famoso “Circolo delle Arti”, sito a Bologna sino al 1944 presso l’ormai scomparso “Caffè San Pietro”, era nato nel 1962, da un’idea del Cervellati, pittore, illustratore, giornalista, esperto del mondo dei burattini, di cui possedeva una notevole collezione e autore di un libro ancor oggi imprescindibile per chi voglia conoscere la storia del circo.

Cleto Tomba, iniziatosi alla scultura in tenera età, artista pluripremiato e noto anche al di fuori dei confini nazionali, ci ha lasciato moltissime opere, tra le quali, in particolare a partire dagli anni ’30, spiccano statuine di piccolo formato in terracotta dipinta, che colgono aspetti della vita quotidiana con realismo e, non di rado, pungente ironia. Lo ricordo come un uomo di non alta statura, dal viso magro, di scarse parole, ma di azzeccate e lapidarie sentenze che subito me lo resero simpatico.




Per ragioni anagrafiche non ho invece conosciuto Nino Bertocchi, pittore e apprezzato critico d’arte, noto soprattutto come autore di bellissimi paesaggi: ne posseggo uno che mostra chiaramente l’influsso suscitato in lui dai Macchiaioli e dal suo maestro, Luigi Bertelli.





Non ho modo di sapere quali fossero i rapporti tra lui e Tomba, colleghi, se non amici, nel fervido ambiente artistico bolognese dell’epoca, tuttavia ho la certezza che la loro relazione, in un preciso momento, si sia drasticamente incrinata. Se ne ignoro la causa, ne ho però la prova: sta in una piccola scultura policroma in creta che, sul retro del piedistallo di legno su cui è collocata, reca la firma autografa di Cleto Tomba, preceduta dalla scritta, anch’essa autografa, ‘Bertocchi’. 

 



 



L’unica fotografia di questo artista che sono riuscita a reperire in Internet ce lo mostra da giovane, come uomo di corporatura snella, colto in un atteggiamento quasi schivo e imbarazzato, sottolineato dalla mano sinistra affondata nella tasca della giacca. Nella versione di Tomba, invece, è un personaggio senza arti, avviluppato in un mantello scuro che rende irriconoscibile la sua corporatura. Su questo ammasso informe, domina la testa, incassata fra le spalle e di eccessive proporzioni rispetto al resto. Ciò che più colpisce è però l’espressione che Tomba conferisce a Bertocchi: gli occhi sono praticamente inesistenti perché ridotti a due fessure e la bocca a ‘u’ capovolta, esprime insofferenza e disprezzo: lo scultore vuol forse rivolgere una critica all’asocialità e mancanza di empatia che attribuisce al collega? Comunque sia, riesce perfettamente a dimostrare la propria avversione nei suoi confronti. Tuttavia, è ciò che Tomba fece dopo aver eseguito l’opera che risulta ancor più curioso e assai poco comune, anche se è noto che lo scultore non era nuovo a scherzetti estemporanei che lasciavano di stucco il suo interlocutore. Una volta, infatti, per rispondere a un tizio che gli aveva chiesto come facesse a scolpire così rapidamente, presa una pallina d’argilla, ne ricavò una scultura che subito dopo distrusse, invitando il curioso ad imitarlo dato che aveva visto come si faceva…  L’artista, ultimata la scultura di Bertocchi, non soddisfatto di essersi vendicato in privato, si adoperò affinché l’opera fosse resa nota. Così, per un certo periodo, quando si trovava in un ambiente pubblico in cui, magari, veniva menzionato il collega, cavata dal taschino della giacca la statuetta, pronunciava le seguenti parole: “Io, Bertocchi me lo metto nel taschino!”; poi, imperturbabile, la rimetteva al suo posto. Anni fa mi sembra di aver trovato un cenno a questo episodio in un libro sulla pittura dell’Otto-Novecento bolognese, di cui non mi sovviene il nome e forse qualche critico dell’arte se ne ricorderà…Tuttavia sono convinta che nessuno di loro abbia potuto apprezzare dal vero la singolare statuetta di Tomba: Marzocchi, infatti, alla fine del suo gustoso racconto, volle farmene dono. Io la conservo tutt’ora gelosamente…

2 commenti:

  1. Ci sono ricordi che ci portiamo per tutta la vita. E avere conosciuto persone di cui ci hai raccontato è un gran regalo da parte della stessa.
    Ornella

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    1. Grazie, davvero ricordi indelebili che, nonostante il passare degli anni, mi rendono piena dj gratitudine verso coloro che ne hanno fatto parte ❤️

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